Da una decina di anni a questa parte si assiste ad un crescente sviluppo dell'olivicoltura nella penisola Istriana dovuto a una riscoperta di questo tipo di coltura, un tempo largamente diffusa pressoché in tutta la zona costiera e ben radicata nel contesto socio-culturale della popolazione, e che tuttavia negli ultimi decenni aveva in certa maniera perso di interesse a causa di diversi fattori tra i quali l’introduzione di coltivazioni a più semplice conduzione e di più immediato rendiconto, la perdita di abitudini e stili di vita legati alla cultura tradizionale associata alla progressiva migrazione di fasce di popolazione rurale verso altri settori produttivi, l’urbanizzazione di zone che un tempo erano agricole ecc. Fenomeni che, in sostanza, hanno contraddistinto lo sviluppo nel secondo dopoguerra di buona parte dei paesi industrializzati ma che nella terra d’Istria, straordinariamente legata alle proprie radici e saldamente ancorata alle proprie tradizioni non hanno mai del tutto sepolto l’interesse verso i sapori veri e genuini dei prodotti della terra, che qui fondono in un crogiuolo di sapori le loro espressioni continentali, balcaniche e mediterranee. E’ in questo solco che, grazie anche ad alcune forme di incentivazione che lo Stato ha in maniera lungimirante concesso, da alcuni anni si assiste a una vera e propria renaissance dell’olivicoltura, in cui alla riscoperta degli antichi metodi si affiancano le nuove scoperte e le nuove tecniche: alla riscoperta e ai nuovi impianti di varietà autoctone di origine antichissima si accompagna ad esempio la anticipazione del periodo di raccolta che, come noto a discapito di una minore percentuale di olio prodotto, permette di innalzare enormemente la qualità.
Il risultato è che in Istria si sono raggiunti livelli di eccellenza per quanto concerne la produzione di extravergini, come testimoniano gli innumerevoli premi conseguiti nei più prestigiosi concorsi internazionali, e come confermato dal successo che questi oli cominciano a riscuotere anche al di fuori dei confini della regione e a livello internazionale.
L’iniziale necessità di dare inizio a una seria campagna di piantumazioni, unita a una certa grossolanità di visioni ha fatto sì che fossero importate migliaia di esemplari di varietà non propriamente autoctone (leccino, frantoio, ecc.) ma che fossero in grado di garantire veloce attecchimento; quantità sicure e costanti, e oli dotati di personalità non troppo accentuate, mentre in tempi recenti buona parte dell’attenzione si è rivolta alla riscoperta e alla valorizzazione delle varietà autoctone (Busa, Zizolera, Rossignola), non solo con le ricerche genetiche, la piantumazione di nuovi esemplari, ecc. ma anche con il ripristino di antichi oliveti e la rimessa in esercizio di esemplari secolari, magari ridotti da decenni allo stato selvatico.